Arcilesbica e Arcigay di Verona inviano una lettera aperta al Sindaco sul matrimonio gay e chiedono un incontro istituzionale. Presto anche a Verona un’azione di affermazione civile per portare il matrimonio gay in Corte Costituzionale.
LA LETTERA APERTA
Gentile Signor Sindaco,
le scriviamo in qualità di cittadino e cittadina, oltre che rappresentanti di due associazioni che raccolgono complessivamente più di 2000 iscritti/e nel suo Comune. Abbiamo letto con rammarico del suo rifiuto categorico alla richiesta di Rita e Lugia di sposarle. Desideriamo allora fare una domanda e qualche considerazione, sicuri e sicure che vorrà ascoltarci.
E’ stato scritto che Rita e Luigia hanno chiesto di essere sposate personalmente da lei e per sfida. In realtà le nostre socie, di cui una in calce qui sotto come presidente di Arcilesbica, hanno chiesto a lei in quanto primo rappresentante di un’Istituzione di cui sono cittadine con tutti i doveri, ma non con tutti i diritti. E’ legittimo allora per il cittadino Flavio Tosi rifiutarsi oggi, per proprie convinzioni personali. Ma nel caso in cui vi fosse una legge che lo consentisse esplicitamente, in che senso dovremmo intendere il suo rifiuto? Lei personalmente non celebrerebbe il matrimonio delle due donne? O lei ostacolerebbe l’applicazione della legge da parte dell’Istituzione che rappresenta? Fino a che punto si spingerebbe un’obiezione di coscienza di tal genere? Fino a ledere il diritto riconosciuto di propri cittadini?
Le considerazioni, invece, vanno nel merito della questione. Due donne chiedono che il loro amore venga riconosciuto dalle istituzioni laiche di uno Stato di cui pagano le tasse e di cui sono cittadine. Viene loro risposto che la legge intende la famiglia come formazione sociale eterosessuale e che la loro prospettiva di vita in comune è un mero affare privato, mentre la potenzialità “procreativa” viene addotta di fatto come l’unico elemento meritevole di tutela pubblica nella vita civile del nostro Stato. Al di là del fatto che spesso le coppie lesbiche hanno già figli o li possono facilmente avere anche uscendo dall’Italia, consideriamo questa visione profondamente sbagliata e lesiva della dignità delle persone.
In primo luogo l’esperienza amorosa e la costruzione di legami affettivi avviene nel contesto della storia e della cultura, e il concetto di famiglia non è immodificabile, nemmeno nell’ordinamento giuridico. Lo stesso art. 29 della Costituzione è citato spesso a sproposito laddove parla di famiglia come “società naturale”, dal momento che quel riferimento alla natura sottolinea il carattere autonomo e originario della famiglia come fenomeno sociologico preesistente allo Stato e per ciò stesso da esso tutelato (e non creato) nella sua autonomia: non è un riferimento al suo carattere eterosessuale! Il fatto che la tutela della tradizione in sé non rientri nelle finalità di quell’articolo è dimostrato anche dall’evoluzione profonda che ha interessato la disciplina della famiglia e del matrimonio dal 1948 ad oggi.
Piuttosto la nostra Costituzione si è fondata principalmente sul valore del rispetto della dignità della persona umana anche nelle formazioni sociali – come la famiglia - tramite cui si esprime la sua personalità (art.2) e nel diritto a non subire discriminazioni in ragione di condizioni personali e sociali (art.3): poter costituire una famiglia optando tra le stesse alternative a disposizione dei cittadini eterosessuali fa appunto parte di quella espressione di dignità e di eguaglianza che la nostra Costituzione afferma e che oggi si rende storicamente necessario e non più prorogabile.
Esiste del resto un interesse pubblico a riconoscere una famiglia al di là della sua capacità procreativa, in quanto da una parte si rafforza il senso fondante, serio e consapevole di un legame affettivo dichiarato di fronte alla comunità e alle Istituzioni, con tutti i doveri reciproci relativi, e dall’altro si aumenta il benessere, la stabilità e la salute dei cittadini, nonché la coesione sociale e il rispetto tra gli stessi. Se così non fosse, la Costituzione e il diritto civile dovrebbero prevedere la capacità di avere figli come condizione per sposarsi, o l’incapacità come condizione per sciogliere un matrimonio, ma così non è. Piuttosto, l’ostinazione a considerare il legame amoroso tra persone dello stesso sesso “inferiore” rafforza culturalmente e politicamente quella zona grigia di “cittadinanza minore” in cui la svalutazione, il disprezzo e la discriminazione colpiscono direttamente la persona omosessuale in quanto tale.
Noi riteniamo che la politica e le Istituzioni in cui essa si esplica non possano continuare ad ignorare un dato sociologico e storico inconfutabile: ci sono modi di “fare famiglia” diversi e reali che contribuiscono già oggi di fatto alla coesione sociale, al benessere individuale e alla crescita civile della società, ma che sono totalmente ignorati o peggio delegittimati dalla politica e dal legislatore per pregiudizio ideologico o religioso o per incapacità di contemperare laicamente i diversi (ma compatibili) percorsi morali dei propri cittadini. Noi riteniamo che la gestione della polis, a cui la politica e i rappresentanti come Lei si sono dedicati, non possa ridursi alla difesa di un fortino ideologico a danno di gruppi di cittadini con diversa visione morale, quando abbia veramente a cuore il benessere e la crescita comune.
Non si tratta certo per noi di sottolineare posizioni di bottega politica, anche perchè non ci sfugge che nessun partito a Verona, né a destra né a sinistra, abbia preso posizione pubblica di fronte al suo diniego a mezzo stampa. Piuttosto ci teniamo a ricordare che il trionfo elettorale di cui è stato beneficiario a Verona ha visto probabilmente diversi gay e diverse lesbiche scegliere nell’urna il suo nome o quello della sua coalizione avendo fiducia nella capacità di gestire la “polis” con spirito non-ideologico su questi temi: non pensa che siano forse maturi i tempi per cominciare a governare le Istituzioni nella direzione del riconoscimento della dignità di tutti i cittadini, e non perchè lo dicono Arcigay e Arcilesbica di Verona, ma perché lo chiede anche parte del suo elettorato, oltre che un minimo senso di giustizia sociale e di benessere comune?
Da associazione ad Istituzione, chiediamo di poterci confrontare concretamente e serenamente attorno ad un tavolo con Lei o con rappresentanti dell’Istituzione che rappresenta, affinché si possa avviare un percorso limpido di affermazione della dignità e del benessere delle persone gay e lesbiche anche nella nostra città, comunque si riterrà di definire questo percorso nel rispetto reciproco dei ruoli e delle possibilità.
Infine, daremo presto seguito anche qui a Verona a quell’azione di affermazione civile che in tutta Italia, a partire dai dinieghi di pubblicazione di matrimonio da parte dei pubblici ufficiali dei Comuni, sta già portando davanti alla Corte Costituzionale il dibattito sulla dignità e il diritto a sposarsi per le persone omosessuali.
In attesa di un suo riscontro, porgiamo cordiali saluti e auguri di buone feste.
Michele Breveglieri (Presidente Arcigay Pianeta Urano Verona)
Luigia Sasso (Presidente Arcilesbica Juliette&Juliette Verona)